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Alcune segnalazioni analogiche
Stavo cercando dove fosse finita la mostra di Weston, mannaggia a me che pensavo continuasse per tutto febbraio a Modena, e mi sono imbattuto in alcuni “luoghi” interessanti, che condivido con voi:
- il sito/forum analogica.it, contiene una bella community di analogisti e molte informazioni sul nostro piccolo mondo
- l’articolo e soprattutto i commenti (roba spassosissima diciamo) del Corriere della Sera su un lavoro fotografico che racconta la morte dell’analogico
- un interessante articolo con dialogo al grande Gabriele Basilico, morto recentemente
- il servizio di sviluppo e stampa rulluni di lomography.it, per chi non se la sente di sviluppare a casa
Buone letture!
Lomography Smartphone Film Scanner
Bazzicando un po’ su kickstarter (vi consiglio di buttarci un occhio ogni tanto), ho trovato questo nuovo progetto per digitalizzare i negativi delle nostre amate 35 mm.
Si tratta di un piccolo apparecchietto, da una parte si inserisce il negativo all’altro capo invece si appoggia uno smartphone (Apple o Android).
Una luce illumina il negativo e con una app dedicata si scatta la fotografia del negativo (una fotoscansione, non una vera e propria scansione).
L’app permette di rendere positivo lo scatto e poi salvare o inviare l’immagine.
Un po’ come aveva fatto Lomo per scansionare i video, gli autori del progetto cercano di rendere più semplice e intuitivo un passaggio che di solito richiede un investimento discreto e poi una serie di scocciature infinite in fase di scansione vera e propria.
Il prezzo base è 50 $, ma con qualche soldino in più ci si porta a casa anche una macchina fotorgafica lomo o la lomokino direttamente.
Mostra Fotografica: La Belle Epoque nell’obiettivo di un fotoamatore – Francesco Carbonieri
Fondazione Fotografia (la stessa che ha realizzato la prima importantissima mostra di Ansel Adams in Italia) propone fino al 29 gennaio 2012 la mostra sulla Belle Epoque con gli scatti di Francesco Carbonieri.
La mostra raccogli una settantina di scatti, dal 1908 alla fine degli anni venti, nel pieno della Belle Epoque, la vita spensierata, i viaggi in Costa Azzurra e in Europa, prima dell’arrivo delle nubi della Seconda Guerra Mondiale.
Quasi tutte le fotografie presentate sono stereoscopie, quindi i primi approci a quello che oggi chiamiamo 3D.
Una mostra da non perdere.
A Modena, Ex Ospedale Sant’Agostino, Largo Porta Sant’Agostino, 22
Ingresso gratuito
Orari di apertura:
martedì/venerdì 11-13 / 15.30-19
sabato e festivi 11–20
lunedì chiuso
Aperture straordinarie
gio. 8 dicembre 11:00–20:00
dom. 25 dicembre 15:00–20:00
lun. 26 dicembre 11:00–20:00
dom. 1 gennaio 15:00–20:00
ven. 6 gennaio 11:00–20:00
Qui un estratto del commento al catalogo della mostra
Negativo e spirale, amici-nemici
Una delle poche cose “difficili” nello sviluppo a casa è quando il negativo va arrotolato sulla spirale.
Questa mantiene il negativo fermo all’interno della tank ed evita che ci siano zone del negativo non raggiunte dai liquidi di sviluppo (se ad esempio due lembi di negativo si toccano, difficilmente sarebbero esposti ai chimici).
Le difficoltà di questa fase sono di due nature: la prima è che spesso e volentieri l’avvolgimento del negativo si blocca e bisogna ricominciare dall’inizio, la seconda che l’operazione va fatta nella changing bag, cioè senza vedere cosa si sta facendo.
Nelle fotografie che ho riportato si vede un negativo (sviluppato) di medio formato (6×6) e la spirale della relativa dimensione.
Partiamo dal principio.
Per semplificare il lavoro di avvolgimento è necessario prendere una delle estremità del negativo e tagliarne i due angoli in modo da “smussare” l’estremità stessa. Questo permette uno scivolamento più facile e che gli angoli si incastrino per qualche motivo nella spirale.
Si prende quindi l’estremità smussata e la si appoggia ad una delle due anse (vedi freccetta) e con delicatezza la si spinge dentro per un paio di centimetri.
La spirale (almeno quella che utilizzo io) ha un meccanismo per cui bascula al centro, questo significa che le due spirali possono fare un leggero movimento. Le due anse quindi non sono nella stessa posizione e ciò permette di puntare il negativo da un lato e poi, ruotando verso di se il secondo lato della spirale, di puntare anche l’altro lato.
Il negativo arriva così ad un restringimento della spirale, di solito è presente una pallina d’acciaio (nei cerchietti), che fa da freno, in modo che il rullino non si svolga.
E’ sufficiente ora infilare per un altro paio di centimetri il negativo e poi, facendo oscillare avanti e indietro un lato della spirale il rullino si avvolge da solo!
Questo se nostro signore dello sviluppo è dalla nostra parte.
Succede però che alcune volte si incastri e non ci sia modo di andare avanti o indietro.
L’unico intervento possibile è quello di aprire la spirale (a seconda del modello cambia la modalità) estrarre delicatamente il negativo e quindi iniziare nuovamente la procedura.
Mai, e dico mai, utilizzare spirali bagnate (magari avete appena finito di sviluppare un altro rullino). Il negativo si incastrerà di sicuro.
Per il secondo problema, l’impossibilità di vedere cosa si stia facendo, l’unica soluzione è la pratica, magari con un rullino già sviluppato o con uno sacrificato per la causa. Prima lo si avvolge alla luce del giorno per una decina di volte e poi si fa pratica ad occhi chiusi ed infine nella changing bag, provando a ripercorrere i passaggi fatti alla luce.
Fidatevi è solo una questione di esperienza.
Il consiglio è di fare molta pratica prima perchè, quando si è nella changing bag con un negativo su cui abbiamo lavorato molto, è veramente fastidioso doverlo rovinare perchè non si riesce a caricare nella spirale.
LomoKino, ovvero quando Lomo passa al film
Normalmente non ne parlerei in quanto si tratta di film e non di fotografia ma il nuovo nato in casa Lomo è interessante.
Niente di nuovo sotto il sole tranne forse l’utilizzo di rullini di qualsiasi tipo in formato 135 (quello classico diciamo) quindi anche delle belle pellicole in bianco e nero che ci si può sviluppare a casa (per questo mi sono soffermato sul nuovo gadget).
Le specifiche tecniche contano poco in questo caso: si tratta di una videocamera a manovella da 144 scatti (tra i 35 e i 50 secondi di film a 3-4 frame per secondo), ottica da 25 mm con apertura da f5.6 a f11, tempo di scatto 1/100 di sec e distanza di messa a fuoco minima di 1 metro.
Il formato è 24 x 8,5 (per questo su un rullo da 36 pose escono 144 scatti).
Il costo è di 80$ e con 20$ in più si può avere anche il LomoKinoScope cioè il proiettore per vedere il nostro bel filmino muto.
Qua la recensione di Engadget, da cui è tratta anche l’immagine
La spesa non è molta per chi si vuole lanciare in questa avventura (chi di voi ha visto Super8 di Steven Spielberg?) e i risultati sono tutti da vedere.
Sappiate solo che sul mercato dell’usato si trovano valanghe di videocamere di alto livello tecnico il cui futuro è meno roseo di questo “nuovo” prodotto.
La pellicola perfetta
Questo titolo è un inganno, come tutti i titoli studiati dal Marketing per vendere qualcosa.
Una delle domande che mi sono fatto passando dal digitale all’analogico è stata quale diavolo di pellicola avrei usato.
Mi sono informato un po’ sul web ma ho trovato solamente un ridda infinita di consigli, “scegli di qui, no! scegli la”, “scegli quelle che sono più granulose”, “no prendi quelle che ti danno più definizione” e via così.
Quale scegliere quindi?
Dopo mesi di continui cambi e di risultati molto simili, non riuscivo ancora a capire cosa non andava. C’era veramente bisogno di provare 40 tipi diversi di pellicola? La risposta è no. Basta prenderne una con l’iso con cui scattiamo più spesso ed attaccarcisi come una cozza.
Perchè? Perchè la pellicola da sola non va da nessuna parte. La pellicola è solo una parte del processo di produzione di una fotografia e, per fare bene le cose, uno deve avere chiaro il quadro d’insieme, da quando espone fino allo sviluppo su carta fotografica.
La scelta migliore da fare è costruirsi un modello di come tu fotografo, un tipo di pellicola e un tipo specifico di sviluppo funzionate assieme.
Dopo una decina di rullini sviluppati nello stesso modo capisci come la tua creatività è legata al mezzo-pellicola e al mezzo-sviluppo.
Il risultato ti piace? Allora continua così.
Il risultato non ti piace? Hai 3 variabili che puoi cambiare: tu, pellicola o sviluppo.
Cambiane sempre e solo una alla volta.
App: Massive Dev Chart Timer
Uno dei siti web fondamentali per chi sviluppa bianco e nero in casa è Massive Dev Chart, dove sono raccolte le varie combinazioni di negativi – chimici di sviluppo – temperature – tempi.
Gli amiconi del sito hanno giustamente creato una app, per iphone/ipod/ipad e per cellulari con Android per potersi portare dietro queste informazioni essenziali per lo sviluppo.
Il tutto è stato “condito” con:
- un timer che scandisce il tempo delle 4 fasi di sviluppo
- un help alla diluizione dei chimici
- l’aggiornamento del tempo di sviluppo a seconda della temperatura
- 3 modalità di “illuminazione” (che non servono a una mazza finchè si sviluppano negativi)
E’ molto semplice ed intuitivo da usare e tra l’altro è veramente, veramente, comodo.
Fidatevi
Analogico VS Digitale: l’archiviazione
Uno dei tanti argomenti in gioco nella sfida tra analogico e digitale è quello dell’archiviazione delle fotografie/negativi, in modo da renderle disponibili nel futuro (qualsiasi futuro vogliate).
Sintesi:
- l’analogico ha un processo molto sicuro e consolidato nel tempo. E’ più complesso al momento ma affidabile sul lungo periodo
- il digitale è semplice al momento ma implica che passerai la vita a fare backup (finchè “Cloud” non sarà affidabile e affordabile)
Vediamo come avvengono i due processi.
Analogico
Una buona archiviazione parte dal lavaggio del negativo. In questa fase è essenziale rimuovere ogni traccia dei prodotti chimici usati per lo sviluppo perchè, se non eliminati, continuerebbero ad agire lentamente ma costantemente.
Il lavaggio conservativo/archiviazione prevede di utilizzare solo acqua distillata/demineralizzata per un primo risciacquo veloce (si riempie e si svuota la tank), un secondo con 10 inversioni, un terzo con 20 inversioni e poi la tank sotto acqua corrente per 10/20 minuti.
Nel lavaggio “normale” si procede fino alle 20 inversioni, seguite da un paio di minuti sotto acqua corrente.
Se si usa acqua del rubinetto è sempre buona cosa utilizzare un wetting agent (sapone neutro) come ultimo risciacquo, in modo che con lo sgocciolamento non si fissino sali minerali e impurità sul negativo.
Il negativo deve essere quindi asciugato. Anche questa fase può essere gestita in diversi modi.
Il migliore dovrebbe essere appendere il negativo in un mobiletto ad hoc in modo che non circoli aria e polvere in sospensione (tenete presente che un negativo bagnato è appiccicoso come il miele) ed aspettare qualche ora.
In alternativa al mobiletto dedicato (per chi non ha spazio) alcuni consigliano di mettere ad asciugare il negativo nel bagno di casa, dopo aver prodotto molto vapore con l’acqua calda con doccia e lavandini (questo abbatte la polvere in sospensione).
L’ultimo metodo, quello più comune, è di mettere il negativo appeso nella stanza/luogo con meno circolo d’aria.
Asciugare il negativo col phon è abbastanza da suicida in quanto viene sparata ad alta velocità polvere sul negativo (quindi è anche più difficile rilavarla via) e il calore può facilmente deformarlo.
Sono disponibili anche delle speciali pinzette con le estremità di plastica morbida che aiutano a rimuovere l’acqua in eccesso dal negativo, accelerando l’asciugatura, ma aumentano moltissimo il rischio di rovinare il negativo. Le sconsiglio.
Asciugato il negativo va tagliato e riposto in appositi fogli di acetato leggero (simile alla carta da forno, ma chimicamente inerte in modo da non incollarsi e interagire con il negativo). I fogli dovrebbero poi essere conservati in ambiente secco e a temperatura costante (20-25 gradi), senza flusso d’aria e non esposti alla luce del sole.
Un negativo trattato con il lavaggio conservativo/archiviazione e conservato nei fogli di acetato come descritto prima, ha una vita di almeno 100 anni.
Rischi: perdere i negativi, incendio dei negativi.
Digitale
L’archiviazione digitale è sul momento più rapida e semplice ma nasconde molto bene alcuni problemi di gioventù del supporto digitale. Molti si focalizzano sulla sola fase di backup dei file, come se questa fosse l’unica cosa sensata da fare.
Una buona archiviazione inizia prima ancora di iniziare a scattare.
A seconda della macchina fotografica bisogna procurarsi SD o CF, di marca conosciuta, e poi bisogna formattare i supporti.
La formattazione è opportuno che sia fatta non in versione veloce (semplicemente archivia i files presenti come da sovrascrivere) ma in quella standard, che cancella realmente i files.
Il rischio, minimo ma sempre presente, è che la scheda di memoria ad un certo punto smetta di funzionare perchè ha incontrato problemi con i file precedenti. Vi assicuro che non è piacevole e, se lo si fa per lavoro, critica.
Un altra cosa da evitare sempre è quella di cancellare fotografie dalla memory usando la macchina fotografica e poi continuare a scattare. Il rischio che la memory si impasti aumenta moltissimo. Perchè rischiare quando si possono cancellare in sicurezza tutte le fotografie che si vogliono dopo?
Alcune macchine fotografiche professionali (es dalla Nikon D700 in su) hanno un secondo slot per la memory card che può essere utilizzata in modalità backup (copia i file della prima memory) oppure per continuare a salvare fotografie quando la prima è esaurita. Da un punto di vista professionale è ovviamente più importante il primo approcio: è più importante non perdere fotografie, magari di un lavoro importante, o portarsi dietro qualche memory in più?
Scattate le fotografie, tutti i file vanno scaricati sul proprio PC e archiviati, un po’ come vi pare, in cartelle e sottocartelle.
Qui si arriva al cuore dell’archiviazione digitale: il backup.
Buona norma sarebbe di copiare subito il contenuto su un altro HardDisk e creare un DVD con le fotografie appena salvate. In caso di problemi sul PC o su uno dei due supporti, si ha sempre un’ultima chance.
Altra procedura applicabile per non avere in giro troppi DVD è di salvare su due HD in parallelo o avere un HD dedicato al backup delle sole fotografie e uno che serva da backup per tutto il contenuto del PC (per gli utenti mac parlo di Time Machine).
E’ insita in questa procedura il suo più grande rischio o limite: fino a quanto potrò continuare a salvare e risalvare files, visto che si producono sempre più fotografie, sempre più pesanti? E’ vero, ormai sono in vendita HD da svariati TeraByte, ma ciò vuol dire che ogni x tempo (2 anni?) dovrò rifare il backup sul nuovo supporto più grande, e così via per qualche decina d’anni. Non credo che sarà sostenibile, almeno per la noia che comporta questo lavoro.
Durata di un archivio di questo tipo? Al momento massimo 15 anni (più o meno da quando la fotografia digitale è entrata nelle nostre case)
Il metodo di archiviazione del futuro è legato alla rete, con l’esplosione in questi ultimi due anni della cosidetta “Cloud”.
Invece di creare DVD o tenere aggiornati n HD, si salva in rete tutto quello che si è scattato.
Questo diventerà il metodo migliore e durevole nel tempo per fare un backup, quando lo spazio a disposizione sarà ad un costo accessibile e le velocità di trasferimento dati saranno aumentate.
Certo, il rischio che un datacenter vada a fuoco ci sono sempre (salutiamo gli amici di Aruba), ma la tua copia di backup l’hai fatta lo stesso (non ti fiderai mica della Cloud?).
Rischi: perdita HD, furto PC e HD, perdita DVD, guasto HD-PC-SD-CF-DVD, datacenter a fuoco, finita la corrente.